I Grandi Maestri Fotografi
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Eisenstaedt è un pioniere della fotografia con luce naturale poiché è tra i primi a rinunciare al flash per sfruttare l'ambiente naturale e l'atmosfera da esso prodotto. Peter Pollack scrive di lui: «Punto di forza delle sue fotografie è la semplicità della loro composizione. I ritratti di Eisenstaedt rivelano chiaramente lo spirito e il carattere della persona, famosa o sconosciuta che sia. Per la loro familiarità, le sue opere fanno sentire partecipe l'osservatore e gli danno la sensazione di essere presente accanto al fotografo». Eisenstaedt ha ricevuto numerosi premi internazionali ed è tra i fotoreporter più pubblicati dei mondo. | Eisenstaedt è un pioniere della fotografia con luce naturale poiché è tra i primi a rinunciare al flash per sfruttare l'ambiente naturale e l'atmosfera da esso prodotto. Peter Pollack scrive di lui: «Punto di forza delle sue fotografie è la semplicità della loro composizione. I ritratti di Eisenstaedt rivelano chiaramente lo spirito e il carattere della persona, famosa o sconosciuta che sia. Per la loro familiarità, le sue opere fanno sentire partecipe l'osservatore e gli danno la sensazione di essere presente accanto al fotografo». Eisenstaedt ha ricevuto numerosi premi internazionali ed è tra i fotoreporter più pubblicati dei mondo. | ||
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== Ansel Adams == | == Ansel Adams == |
Versione delle 12:48, 24 apr 2012
Indice |
Alfred Eisenstaedt
1898 Dierschau,Germania - 1995 Oak Bluffs Martha's Vineyard, Massachusetts. Alfred Eisenstaedt incomincia a scattare fotografie già a 13 anni con un apparecchio Kodak ricevuto in regalo. Dopo la prima guerra mondiale, all'epoca della grande inflazione, si guadagna da vivere vendendo cinture e bottoni per conto di un'azienda di Berlino. Nel tempo libero si dedica alla fotografia e incomincia a sperimentare gli ingrandimenti di particolari. La pubblicazione su «Weltspiegel» della foto di una tennista segna l'inizio della sua carriera di fotografo freelance per molte riviste e quotidiani tra cui anche il «Berliner Tageblatt». Nel 1929 decide di dedicarsi esclusivamente a quella che fino a quel momento era stata solo una passione e lavora per la Pacific and Atlantic Picture Agency. Già con il primo incarico affidatogli - realizzare un reportage fotografico sul conferimento del Premio Nobel a Thomas Mann nel 1929 - suscita grande attenzione. In questi anni realizza numerosi ritratti fotografici divenuti poi famosi; tra gli altri, quello di Marlene Dietrich, di George Bernard Shaw, ma anche di Joseph Goebbels, Hitler e Mussolini e il reportage sulla guerra tra Italia ed Etiopia. Lavora per la «Berliner Illustrierte Zeitung» e per altri quotidiani di Berlino e Parigi. A causa della situazione politica in Germania e nella speranza di trovare migliori possibilità di lavoro, Eisenstaedt, nel 1935, emigra negli Stati Uniti dove, in un primo tempo, lavora per «Harper's Bazaar», «Vogue» e «Town and Country». Arriva a New York proprio quando la rivista «Life» viene lanciata ed entra a far parte dei suoi collaboratori fissi già all'inizio dei 1936. Prima della temporanea sospensione della pubblicazione di quest'ultima nel 1972, Eisenstaedt ha già ottenuto più di 2500 incarichi e realizzato fotografie per più di 90 copertine; come fotoreporter non è specializzato in nessun particolare settore, ma è entrato nella storia della fotografia soprattutto per i suoi ritratti. Ha immortalato non soltanto innumerevoli personaggi famosi della cultura e della politica, ma anche uomini sconosciuti ripresi nella vita di tutti i giorni. E' famosa la fotografia intitolata Il giorno della vittoria, l'istantanea di un appassionato bacio durante la parata dei marine vittoriosi in Times Square alla fine della seconda guerra mondiale. Eisenstaedt è un pioniere della fotografia con luce naturale poiché è tra i primi a rinunciare al flash per sfruttare l'ambiente naturale e l'atmosfera da esso prodotto. Peter Pollack scrive di lui: «Punto di forza delle sue fotografie è la semplicità della loro composizione. I ritratti di Eisenstaedt rivelano chiaramente lo spirito e il carattere della persona, famosa o sconosciuta che sia. Per la loro familiarità, le sue opere fanno sentire partecipe l'osservatore e gli danno la sensazione di essere presente accanto al fotografo». Eisenstaedt ha ricevuto numerosi premi internazionali ed è tra i fotoreporter più pubblicati dei mondo.
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Ansel Adams
nato nel 1902 a San Francisco e deceduto a Carmel in Californianel nel 1984. Nel 1916, Ansel Adams scatta le sue prime fotografie durante un soggiorno di vanza al Yosemite National Park della California. Già allora si annunciano i contenuti della sua futura attività artistica: il collegamento tra l'interesse per la fotografia e l'amore e l'impegno nei confronti del paesaggio americano. In un primo momento, tuttavia, Adams sceglie di studiare pianoforte. Solo grazie all'incontro con Paul Strand nel 1930 scopre nella fotografia il suo vero mezzo espressivo. Nel 1932, insieme ai fotografi costituisce il gruppo "f-64". I membri si schierano in modo dogmatico a favore di una fotografia caratterizzata dalla massima profondità di campo e accuratezza dei dettagli. Nel 1941 il fotografo mette a punto il suo "sistema a zone", uno strumento per determinare il tempo di posa e di sviluppo, che consente una gradazione ottimale delle componenti del grigio. Adams illustra le proprie concezioni e tecniche in numerosi libri e seminari. Nel 1946 fonda l'istituto di fotografia all'interno della California School of Fine Arts di San Francisco. Nel 1962, sceglie di vivere in pianta stabile nelle Carmel Highlands. Come fotografo di paesaggi, Adams ha trascorso gran parte della sua vita nei parchi nazionali americani, cui ha dedicato oltre 24 volumi. La sua attività non si è limitata alla fotografia fine a se stessa, ma ha sensibilizzato il pubblico alla causa dei parchi: egli ne ha sostenuto infatti il mantenimento e contribuito all'istituzione di nuovi. sua la famosa frase "Ci sono due persone in ogni foto: il fotografo e l’osservatore”
Henri Cartier-Bresson
Henri Cartier-Bresson, nato il 22 agosto 1908 a Chanteloup (Francia) Inizialmente si interessa solo di pittura ma dagli inizi degli anni '30 sceglie definitivamente di sposare la fotografia. Nel 1931, a soli 23 anni, ritornato in Francia dopo un anno in Costa d'Avorio, scopre la gioia di fotografare, compra una Leica e parte per un viaggio che lo porta nel sud della Francia, in Spagna, in Italia e in Messico. La Leica con la sua maneggevolezza e la pellicola 24x36 inaugurano un modo nuovo di rapportarsi al reale, sono strumenti flessibili che si adattano straordinariamente all'occhio sempre mobile e sensibile del fotografo. L'ansia che rode Cartier-Bresson in questo suo viaggio fra le immagini del mondo lo porta ad una curiosità insaziabile, incompatibile con l'ambiente borghese che lo circonda, di cui non tollera l'immobilismo e la chiusura, la piccolezza degli orizzonti. Nel 1935 negli USA inizia a lavorare per il cinema con Paul Strand; tiene nel 1932 la sua prima mostra nella galleria Julien Levy. Tornato in Francia continua per qualche tempo a lavorare nel cinema con Jean Renoir e Jaques Becker, ma nel 1933 un viaggio in Spagna gli offre l'occasione per realizzare le sue prime grandi fotografie di reportage. Ed è soprattutto nel reportage che Cartier-Bresson mette in pratica tutta la sua abilità e ha modo di applicare la sua filosofia del "momento decisivo": una strada che lo porterà ad essere facilmente riconoscibile, un marchio di fabbrica che lo distanzia mille miglia dalle confezioni di immagini celebri e costruite. Ormai è diventato un fotografo importante. Catturato nel 1940 dai tedeschi, dopo 35 mesi di prigionia e due tentate fughe, riesce a evadere dal campo e fa ritorno in Francia nel 1943, a Parigi, dove ne fotografa la liberazione. Qui entra a far parte dell'MNPGD, un movimento clandestino che si occupa di organizzare l'assistenza per prigionieri di guerra evasi e ricercati. Finita la guerra ritorna al cinema e dirige il film "Le Retour". Negli anni 1946-47 è negli Stati Uniti, dove fotografa soprattutto per Harper's Bazaar. Nel 1947 al Museum of Modern Art di New York viene allestita, a sua insaputa, una mostra "postuma"; si era infatti diffusa la notizia che fosse morto durante la guerra. Nel 1947 insieme ai suoi amici Robert Capa, David "Chim" Seymour, George Rodger e William Vandivert (un manipolo di "avventurieri mossi da un'etica", come amava definirli), fonda la Magnum Photos, cooperativa di fotografi destinata a diventare la più importante agenzia fotografica del mondo. Dal 1948 al 1950 è in Estremo Oriente. Nel 1952 pubblica "Images à la sauvette", una raccolta di sue foto (con copertina, nientemeno, che di Matisse), che ha un'immediata e vastissima eco internazionale. Nel 1955 viene inaugurata la sua prima grande retrospettiva, che farà poi il giro del mondo, al Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Dopo una serie di viaggi (Cuba, Messico, India e Giappone), dal 1966 si dedica progressivamente sempre più al disegno. Innumerevoli, in questi anni, sono i riconoscimenti ricevuti, così come le esposizioni organizzate e le pubblicazioni che in tutto il mondo hanno reso omaggio alla sua straordinaria produzione di fotografo e di pittore. Dal 1988 il Centre National de la Photographie di Parigi ha istituito il Gran Premio Internazionale di Fotografia, intitolandolo a lui. Oltre ad essere universalmente riconosciuto tra i più grandi fotografi del secolo, Henri Cartier-Bresson ha avuto un ruolo fondamentale nella teorizzazione dell'atto del fotografare, tradotto tra l'altro nella già ricordata e celebre definizione del "momento decisivo". Poco prima di raggiungere i 96 anni, è morto a Parigi il 2 agosto 2004. La notizia ha commosso e fatto il giro del mondo solo due giorni più tardi, dopo i funerali.
H.C. Bresson è l'autore di una affermazione che troviamo nell'80% delle firme nei forum di fotografia:"fotografare è mettere sullo stesso piano occhio, mente e cuore."
Alexandr Mijáilovich Rodchenko
fu uno dei fondatori del costruttivismo, un movimento culturale nato in Russia nel 1913, che rifiutava il culto dell' “arte per l'arte" a favore dell'arte come pratica diretta verso scopi sociali. Nato a San Pietroburgo il 5 Dicembre del 1891, si trasferì con la famiglia a Kazàn, la capitale del Tatarstan. Studiò nella Scuola di Arte di Kazán, avendo come professori Nikolai Feichin e Georgui Medvédev e nell’ Instituto Stróganov di Mosca. Dopo la rivoluzione del 1917 Rodtschenko si impegnò, come molti altri artisti dell’avanguardia, per la costruzione di nuove strutture della produzione artistica nella neo-costituita Unione Sovietica. Nel 1920 fu attivo come membro fondatore dell’ Inchuk (Istituto di Cultura Artistica) e sviluppò insieme a Wassily Kandinsky ed altri artisti l’idea di una rete di musei d’arte nell’intero paese. Fu uno degli artisti più versatili della Russia degli anni venti e trenta, esplorando nel suo cammino varie forme artistiche quali la pittura, la scultura, il disegno grafico e la fotografia. Concentratosi, in un primo periodo, sulla grafica dei manifesti, Rodchenko sostituì bruscamente il linguaggio Art Nouveau o futurista diffuso in Europa, con un impianto formale, astratto e geometrico, che trovava nel fotomontaggio il suo linguaggio preferito. I suoi manifesti mescolavano disegni, pittura e fotografie fatte da altri o recuperate da giornali e riviste.Dal 1924 iniziò la sua ricerca fotografica concentrandosi nella ritrattistica di studio attraverso l’uso di camere a banco ottico. Raggiunse, tuttavia, il suo inconfondibile stile quando riuscì a liberarsi dalla schiavitù della fotocamere a lastre pesanti, utilizzando fotocamere leggere e portatili ( tra le sue preferite, la Leica). Redarguito dal regime per il suo stile troppo incline ad uno sperimentalismo di stampo occidentale ed invitato a "rientrare nei ranghi", venne costretto a ritrarre solo eventi di Stato (eventi sportivi, parate e cerimonie) e finì per abbandonare la fotografia intorno al 1940.Per la fotografia Rodchenko è stato un pioniere. Le sue immagini vanno alla ricerca di differenti punti di vista, creando sensazioni nuove, sconcertanti e di forte impatto. Il fotografo russo gioca con le visuali per trarre in inganno lo spettatore. Rodchenko ha liberato la fotografia da molte delle sue convenzioni. Le sue immagini attraverso un punto di vista dall’alto o dal basso deformano la nostra sensazione di oggetto divenendo quasi astratte. Bianchi e neri dai contrasti forti, con un uso sapiente delle luci, raffigurano un amore verso ogni forma di tecnologia (aerei, dirigibili, palloni aerostatici, ma anche ponti, tralicci) e verso quello che il progresso tecnologico rappresenta.
Nachtwey James
1948 Syracuse NY e ancora in vita. E’ cresciuto in Massachusetts e si è laureato al Dartmouth College, dove ha studiato Storia dell’Arte e Scienze Politiche (1966-70). La scelta di diventare fotoreporter è stata fortemente influenzata dalle immagini della Guerra in Vietnam e dal Movimento per i Diritti Civili in America. Ha lavorato a bordo delle navi della Marina Mercantile, come apprendista capocronista e camionista, e al contempo studiava fotografia da autodidatta. Nel 1976 ha cominciato a lavorare come fotografo di un giornale nel Nuovo Messico. Nel 1980 si è trasferito a New York per cominciare una carriera come fotografo freelance per un giornale. Il suo primo incarico all'estero fu un servizio sulla lotta civile nell’Irlanda del Nord nel 1981, durante lo sciopero della fame dell’IRA. Da allora Nachtwey si è dedicato esclusivamente alla documentazione di guerre, conflitti e questioni sociali. Il vasto repertorio dei suoi lavori fotografici copre un raggio di quattro continenti. Nachtwey è stato un fotografo di contratto con Time sin dal 1984. Ha lavorato in associazione con la Black Star dal 1980 al 1985 ed è stato membro della Magnum dal 1986 al 2001. E’ socio della Royal Photographic Society e ha ricevuto un Dottorato Honoris Causa in Belle Arti dal Massachusetts College of Arts. Nel settembre 2001 è diventato membro fondatore dell’Agenzia Fotografica VII. La grandezza di James Nachtwey, ciò che lo rende un autore e non un semplice reporter di guerra è che nelle sue fotografie c'è sempre un'attenta composizione. Forse ci si aspetta che un fotografo di fronte ai bambini affamati o ai cadaveri decomposti, diventi incapace di svolgere il suo lavoro, dimentico della sua professionalità, così come chiunque sarebbe incapace di dire qualsiasi parola di fronte a scene del genere. Invece le fotografie di Nachtwey sono sempre chiare e precise testimonianze e l'attenzione alla composizione diventa il mezzo con cui Nachtwey informa, comunica in modo efficace quello che ha visto, con la partecipazione di chi assiste alla sofferenza umana e vuole combatterla.